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15 Aprile 1967, Totò, sicuramente uno dei più grandi comici di tutti i tempi, muore nella notte. E' passato un quarantennio e, in questi giorni, tv, giornali e radio, non hanno disdegnato di inserire nei loro palinsesti degli special dedicati al principe della risata.
Un comico serio, forse triste, nato nella difficile realtà del rione partenopeo Sanità, criticato in vita, osannato dopo la morte, come, purtroppo, troppo spesso accade ai grandi. Un attore con all' attivo circa cento films, che amava a tal punto il proprio il proprio lavoro da accettare anche sceneggiature mediocri, da morire quasi sul set, quasi cieco...uno stacanovista della commedia potremmo dire. Amato da Pasolini, adorato da Fellini.
Un artista che ha saputo mostrare, con la maschera di una comicità esilarante e mai volgare, i problemi della sua società: la fame-"...io non faccio il cascamorto, se casco, casco morto per la fame..."(da Miseria e nobiltà)-;la povertà-"...chi dice che i soldi non fanno la felicità, oltre ad essere antipatico, è pure fesso..."(da I due orfanelli)-;la guerra-"...in guerra sono tutti in pericolo, tranne quelli che hanno voluto la guerra..."(da I due orfanelli)-; il lavoro-"...lo so, dovrei lavorare invece che cercare dei fessi da imbrogliare, ma non posso, perchè nella vita ci sono più fessi che datori di lavoro..."(da Tototruffa '62)-; che ha parlato della vita di tutti i giorni, della famiglia-"...ho un fratello di nome Peppino:io sono il primogenio, lui il secondogenio, ma è un cretino..."(da Totò, Peppino e la malafemmena)-;della politica-"...a proposito di politica, non è che ci sarebbe qualcosa da mangiare?..."(da Fifa e arena)-;del Nord e del Sud-"...il napoletano lo si riconosce subito da come si comporta, da come riesce a vivere senza una lira..."(da Totò e Peppino divisi a Berlino)-; che è stato capace di giochi di parole improponibili ma contemporaneamente esilaranti nella loro illogicità...attraverso quelle che lui definiva "bazzecole, quisquiglie e pinzellacchere", ma in maniera mai banale e nascondendo dietro quelle gag, che sfioravano l' assurdo, profonde metafore, molto più acute di quanto qualche critico del tempo avesse capito, ci ha mostrato la vita, ci ha mostrato la semplicità con la quale va vissuta perchè...

"Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella che staje malato ancora e' fantasia?...'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella.
'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo,trasenno stu canciello ha fatt'o puntoc'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme:tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?
Perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo,suppuorteme vicino-che te 'mporta?Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"

...e ci ha mostrato tutto ciò, mai con paroloni, ma col linguaggio del popolo, così da non farci pensare troppo e farci perdere il gusto di una risata.


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